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Visualizzazione dei post da febbraio, 2018

Vivere in comunità: cosa abbiamo imparato?

La volontà di formare una società composita, senza distinzioni di alcun genere, dove gli uomini possano convivere tra loro grazie ad un unico codice civile e penale è sempre stata una delle massime priorità della nostra specie. I filosofi e gli intellettuali più disparati hanno cercato di comprendere le dinamiche sociali dell’uomo, da cosa possa nascere l’idea di “comunità” e come questa possa essere amministrata in modo tale da garantire il benessere comune. Per gli uomini del ventunesimo secolo, il cosmopolitismo è un’idea scontata, quasi superflua, e le relazioni sociali con altre persone fanno ormai parte della nostra quotidianità. Ma siamo sicuri di rispettare correttamente tutti i principi espressi dai filosofi molto tempo prima di noi? La società si è davvero affinata e ha trovato il proprio equilibrio oppure siamo regrediti a pensieri retrogradi che, se concretizzati, potrebbero scatenare una divisione netta delle popolazioni? Alcuni filosofi, come Grozio

Due Coree, una bandiera

Come, purtroppo, non tutti sanno il 9 febbraio si sono aperti, a Pyeong Chang, in Corea del sud, i giochi delle Olimpiadi Invernali. Un’apertura che si è rivelata gelida non solo per la temperatura, ma anche per la reazione del vicepresidente degli Stati Uniti Mike Pence. Alla cerimonia d’apertura, infatti, le due Coree hanno marciato insieme sotto la bandiera della penisola coreana e gli atleti indossavano tutti un cappotto bianco con un’unica parola sulla schiena: “Korea”. Non vi sono state differenziazione e neppure isolamenti, cittadini delle due nazioni separate hanno camminato gli uni affianco agli altri in pace. Inoltre, dalla tribuna, la sorella del leader nordcoreano Kim-Jong-Un ha stretto la mano al presidente sudcoreano Moon Joe-In. Queste è solo l’ultimo di diversi tentativi di riavvicinamento tra le due Coree e, anche questa volta, gli USA  si sono dimostrati diffidenti, come testimoniato dal comportamento del sopracitato Pence, che ha deciso di non pres

Il ridicolo attuale

Nell’approccio disilluso che i miei coetanei hanno alla realtà delle cose noto da tempo ormai una costante: l’ironia. Complice il mondo dell’internet, che di un certo tipo di umorismo ne ha fatto la sua bandiera, ci ritroviamo sempre più spesso ad avere a che fare con una nuova frontiera del disfattismo e dell’indignazione che da sempre segnano l’approccio del nostro paese a politica e in generale problemi nel sociale. Non che mezzi quali la satira, che può anche vantare illustri antenati nella nostra cultura, come Orazio o un più “recente” Giovenale, siano da ritenere controproducenti in una qualsiasi forma di opposizione al potere, ma quando diventano le uniche armi usate da un’intera generazione, che usa il ridicolo, il risus latino come unica forma di protesta, la faccenda si fa interessante. Viene da chiedersi, infatti, se non si tratti dell’ennesimo segno di un distacco sempre più profondo tra la realtà sociale e quella giovanile, che sembrano ormai non solo andare in direzioni o

“Che cosa voglio fare da grande” e perché scegliere il liceo classico

Che cosa farai da grande? Questa è la classica domanda che si pone a un bambino fin dalla più tenera età e, se vogliamo, è quella che affascina e allo stesso tempo spaventa di più. Un infante, quando pensa fugacemente al futuro, lo percepisce come un fatto lontano, inafferrabile, quasi un sogno, infatti a tale domanda risponde senza riflettere: “lo scrittore”, “l’astronauta”, “la principessa” o “il cantante”… tuttavia col tempo, il futuro oltre ad essere pieno di mistero comincia anche a fare paura perché crescendo si deve essere più concreti ed evitare di perdersi in fantasie. Ed è qui che entrano in gioco i professori, la scuola, la famiglia e gli amici. Tutto ciò che ci circonda infatti è importante perché influenza le nostre scelte che possono avere esiti positivi o negativi. A scuola, fin dalle elementari, si entra in contatto con diverse discipline che possono, o meno, incontrare il proprio interesse. Naturalmente, tra bambini ci si pone il fatidico quesito: “cosa farai da gran

Smettere di vivere costantemente

La mente umana è davvero complessa e cercare di capirla o imitarla risulta difficile anche con gli strumenti moderni. La psicoanalisi, scienza che cerca di capire il funzionamento della mente, è nata solo negli ultimi decenni del 1800 grazie al lavoro di Sigmund Freud ed ebbe in poco tempo un considerevole successo. Le sue teorie però vennero viste con diffidenza e sono criticate tutt’oggi in molti ambiti, in particolare viene messo in dubbio l’efficacia terapeutica della psicoanalisi stessa. Nell’ultimo periodo della mia vita, forse per distrarmi e spiegarmi questa mia “irregolare condizione”, ho cominciato a interessarmi prima a Freud, poi a Skinner, Jung, Festinger, e infine Beck. Con irregolare condizione mi riferisco alla Depressione. La Depressione, mi direte, per come la si intende erroneamente oggi, è solo una reazione postuma della nostra mente a un evento reale; molti infatti ingenuamente identificano la tristezza come depressione. Questo è un errore. Infatti, con Depressione

“I love shopping”

Vi siete mai chiesti da dove derivi l’innato bisogno di fare shopping? Sin dagli anni 20 del 1900 l’economia globale si basa sul consumismo (fondato sul principio per il quale l’appagamento di un bisogno stimoli il sorgere di uno nuovo), essa affina le sue armi giorno dopo giorno fino ad arrivare all’odierna obsolescenza pianificata. Si tratta di un meccanismo studiato accuratamente affinché gli oggetti acquistati abbiano una durata assai ridotta rispetto ai primi modelli dello stesso prodotto. Per garantire che ciò accada vengono volutamente introdotti dei difetti nei prodotti. Per esempio le prime lavatrici venivano utilizzate, nonostante la loro semplicità e la loro scarsa modernità, quotidianamente addirittura per 15 anni mentre oggi sono programmate per rompersi dopo un periodo massimo di 24 mesi, circa la durata della loro garanzia. L’obsolescenza simbolica o progressiva è parte integrante di questo circolo vizioso. Si tratta infatti del declassamento prematuro di un certo bene g

Crescere e scegliere partendo dal liceo; cosa voglio essere?

C’è chi nasce con la fortuna di avere un talento e con la costanza di riuscire a coltivarlo fino a renderlo il proprio lavoro. Ma noi altri, che come talento abbiamo solo quello di poterci ricordare a memoria i personaggi di un telefilm solo alla prima puntata, come potremmo fare di questo il nostro futuro? Ovviamente la scelta della scuola giusta ci indirizza già in varie direzioni e ci da in qualche modo la possibilità di capire chi siamo e per cosa siamo portati, ma è altrettanto vero che c’è chi con lo studio non avrà mai un bel rapporto e già dell’adolescenza viene incoraggiato da amici e parenti a intraprendere un percorso di studi che lo indirizza ad un lavoro preciso e che non lascia la possibilità di capire cosa sia veramente giusto per lui. Possiamo quindi dividere i giovani studiosi in due gruppi molto differenti tra loro: chi già dopo le superiori è pronto per iniziare la sua vita da lavoratore e chi decide di restare fedele al suo rapporto con gli studi per ancora molti a

Crescere e scegliere partendo dal liceo; cosa voglio essere?

C’è chi nasce con la fortuna di avere un talento e con la costanza di riuscire a coltivarlo fino a renderlo il proprio lavoro. Ma noi altri, che come talento abbiamo solo quello di poterci ricordare a memoria i personaggi di un telefilm solo alla prima puntata, come potremmo fare di questo il nostro futuro? Ovviamente la scelta della scuola giusta ci indirizza già in varie direzioni e ci da in qualche modo la possibilità di capire chi siamo e per cosa siamo portati, ma è altrettanto vero che c’è chi con lo studio non avrà mai un bel rapporto e già dell’adolescenza viene incoraggiato da amici e parenti a  intraprendere un percorso di studi che lo indirizza ad un lavoro preciso e che non lascia la possibilità di capire cosa sia veramente giusto per lui. Possiamo quindi dividere i giovani studiosi in due gruppi molto differenti tra loro: chi già dopo le superiori è pronto per iniziare la sua vita da lavoratore e chi decide di restare fedele al suo rapporto con gli studi

“I love shopping”

Vi siete mai chiesti da dove derivi l’innato bisogno di fare shopping? Sin dagli anni 20 del 1900 l’economia globale si basa sul consumismo (fondato sul principio per il quale l’appagamento di un bisogno stimoli il sorgere di uno nuovo), essa affina le sue armi giorno dopo giorno fino ad arrivare all’odierna obsolescenza pianificata. Si tratta di un meccanismo studiato accuratamente affinché gli oggetti acquistati abbiano una durata assai ridotta rispetto ai primi modelli dello stesso prodotto. Per garantire che ciò accada vengono volutamente introdotti dei difetti nei prodotti. Per esempio le prime lavatrici venivano utilizzate, nonostante la loro semplicità e la loro scarsa modernità, quotidianamente addirittura per 15 anni mentre oggi sono programmate per rompersi dopo un periodo massimo di 24 mesi, circa la durata della loro garanzia. L’obsolescenza simbolica o progressiva è parte integrante di questo circolo vizioso. Si tratta infatti del declassamento prematuro