Alla scoperta del gentil popolo siciliano

“I Siciliani vivevano come se fossero dovuti morire il giorno dopo, ma costruivano come se fossero dovuti esistere per sempre”. Ora, al posto di costruire templi destinati all’eternità, i Siciliani sono in grado di costruire rapporti sinceri con chiunque abbia la pazienza di decifrarne l’intricato dialetto. Nelle diverse tappe della gita siamo venuti a contatto con persone eccezionali e a rendere speciali quei giorni sono bastati il loro calore e la loro gentilezza.

Come il leggendario cameriere Tony, capace di coinvolgere e mettere a proprio agio anche quella mandria di ragazzi famelici e stanchi che eravamo durante la prima sera a Palermo: è bastato un “Commissario Montalbano sonno” per conquistare le risate e i cuori di tutti i presenti.

Durante la prima mattinata nella terra del Sole abbiamo camminato tra le vecchie case di Erice, un paesino di fondazione greca arroccato sul monte Caputo. Nell’intreccio di vie lastricate, si trova un bar gestito da due signori affettuosi: “nonna” Dina e “nonno” Salvo. Ci hanno offerto arancini, storie di viaggi, leggende, cannoli e scioglilingua, dimostrandoci come le tradizioni affondino in un passato lontano dal quale, però, dipende il futuro.

Il viaggio è continuato verso sud e, in mezzo agli ulivi di Agrigento, siamo stati testimoni dello splendore dei templi capaci di mostrare l’eccellenza e la fierezza del popolo che li ha costruiti. E’ in questo clima di omaggio che la guida, sorpresa dai nostri sguardi rapiti, ha ammesso di desiderare degli studenti curiosi e attenti come noi per raccontargli della bellezza che quelle “poche vecchie pietre” ancora mantengono, anche se ormai la cultura locale si sta spegnendo sommersa dall’indifferenza.

Sulla strada  verso il duomo di Monreale ci ha catturato una melodia continua che ondeggiava, si arrotolava e subito cambiava aspetto senza lasciarsi afferrare appieno. E’ il potere del marranzànu, lo scacciapensieri, che rallegra e incuriosisce con il suo suono giocoso.

Il viaggio si è concluso con il ritorno a Palermo, da dove quello stesso giorno avremmo preso il traghetto. Qui, in mezzo alla strada, davanti a centinaia di persone che passavano incuranti di lui, c’era un musicista che, con la chitarra in mano, passava dai grandi del rock alle ninne nanne popolari. L’uomo diffondeva nell’aria una musica più forte del rumore dei clacson e delle sirene, riempiendo la strada di emozioni.

Ripensando alle esperienze vissute, ai paesaggi visti, ai cibi mangiati, alle risate e ai litigi, la cosa più bella che i Siciliani potessero fare per noi era dare un volto alle esperienze, un colore ai paesaggi e un gusto ai cibi. I ricordi che ci rimarranno sono tutti legati alla simpatia e alla semplicità, alla dedizione e al coraggio, alla poesia e alla leggerezza delle persone che abbiamo incontrato. Grazie a tutti voi.


Ufficio Stampa G.D. Cassini – Massa, Mastrantuono

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