Una lingua, una cultura

La conoscenza di una o più lingue straniere è diventata, negli ultimi anni, una delle caratteristiche più ricercate e apprezzate nel mondo del lavoro, come nella vita quotidiana, e i motivi sono evidenti: aumentano le persone che possiamo raggiungere, aumentano le opportunità, è più semplice muoversi in territori stranieri.

Parlare fluentemente una lingua diversa dalla propria sembra avere effetti positivi persino sul cervello umano, abituandoci a pensare per idee, cioè ad associare ciò che si vuole esprimere ad un concetto invece che ad un insieme di lettere, stimolando le connessioni neurali e la creatività.

Senza approfondire troppo la teoria, è infatti molto più semplice imparare una nuova lingua per chi già utilizza questo metodo in modo istintivo: i bambini. Essendo ancora liberi dalle restrizioni imposte dal linguaggio, non sono obbligati a pensare nella loro madrelingua e poi a tradurre il messaggio ( si tratta di un processo che viene naturale agli stranieri, ma che rallenta la comunicazione), ma possono collegare direttamente pensiero e parole.

Il percorso formativo che seguono i ragazzi in Italia però, spesso non risponde a questa necessità. Nonostante lo studio di una o più lingue, solitamente l’inglese, inizi nei primi anni di scuola elementare, si dimostra spesso insufficiente a raggiungere i livelli di conoscenza necessari ad esprimersi senza incertezze, forse per la troppa teoria oppure per la mancanza di una motivazione adeguata.

Ovviamente i risultati sono soggettivi, e dipendono dalla naturale predisposizione dello studente, come dall’insegnante e dal metodo utilizzato. E’ proprio quest’ultimo che potrebbe essere migliorato affiancando alla grammatica l’utilizzo della lingua viva, la conversazione, l’approfondimento della cultura del paese.

Il desiderio di migliorare , quello che spinge a guardare film in lingua perdendosi metà della trama, ad imparare i testi delle canzoni a memoria, a volere conoscere tutte le persone madrelingua che si incontrano, nasce solo quando ci si accorge che i sottotitoli sono approssimativi, che non capire le parole di un brano significa perdersi metà della sua bellezza, che ci sono molte domande da fare alla signora thailandese seduta di fianco a voi sull’autobus.

Tutto questo inizia solo realizzando che ogni lingua porta con sé il proprio patrimonio culturale, e che non basta saper coniugare correttamente i verbi per scoprirlo.

Un buon insegnante è quello che insieme alla pronuncia ed ai pronomi, fa conoscere le feste tipiche, le ricette e soprattutto fa appassionare l’alunno alla diverse culture.

A voi, studenti e professori, l’onore di conoscerle e capirle.


Cecilia Massa – Ufficio Stampa Liceo G.D. Cassini Sanremo

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