8 marzo: quarant’anni di cambiamenti

L’ 8 marzo è la giornata internazionale dedicata alle donne.

Questa ricorrenza fu istituita ufficialmente per opera dell’ONU soltanto nel 1977, sebbene fosse già nota e festeggiata da innumerevoli anni durante diversi giorni dell’anno. Anche l’Italia per oltre cinquant’anni non celebrò la donna l’8 marzo ma il 12 dello stesso mese. Le origini della festività sono erroneamente collegate da alcuni ad un presunto incendio divampato proprio l’ 8 marzo 1908 nell’industria tessile “Cotton” a New York, della cui esistenza, però, non si sono mai avute prove. L’episodio potrebbe essere presumibilmente stato confuso con l’incendio scoppiato tre anni dopo sempre a New York ma nei pressi della fabbrica “Triangle”, in cui persero la vita 146 lavoratrici d’età compresa tra 13 e 22 anni. Altri, invece, riconducono il principio della festa ad una travolgente protesta operaia che ebbe luogo nel 1857 nella medesima città.

A qualunque avvenimento debba la sua origine, è importante ricordare che la giornata della donna sia stata istituita da una parte per rivendicare le conquiste dalle donne raggiunte col passare del tempo in ambito politico, economico ma anche e soprattutto sociale, d’altra parte per rivendicare i loro diritti e denunciare le violenze e le discriminazioni da loro subite negli anni. Un simbolo, perciò, per spingerci a ricordare gli obbiettivi raggiunti e le lotte vinte.

Ma riflettendo a tal proposito, è corretto affermare che, la donna, abbia allo stato attuale, realmente raggiunto l’emancipazione ed un livello di parità con il genere opposto?
Le manifestazioni e i dibattiti, tenuti in occasione di questa giornata, possono essere considerati un mezzo efficace per combattere le disparità tra generi che esistono e persistono da secoli?

Per rispondere a tale quesito è sufficiente considerare e soffermarsi sui principali fatti di cronaca, basti ,per esempio, pensare a tutte le notizie di cronaca nera all’ordine del giorno, nelle quali donne sono ripetutamente vittime di partners che ostentano “vero amore” nei loro confronti, ai numerosi Paesi in cui, ancor’ oggi, vigono le vecchie tradizioni che vincolano i diritti del genere femminile o al fatto che le donne parlamentari e senatrici oltre ad essere una spiccata minoranza, vengano retribuite il 10% in meno ca. rispetto agli uomini che ricoprono le stesse cariche.

Sulla base di questo, è dunque lecito sostenere che, seppur numerosi, manifestazioni e dibattiti, non saranno mai risolutivi nella lotta per l’emancipazione femminile, a meno che “uomo” e “donna”, invece che come tali, non inizino a relazionarsi tra loro, in

primis, come “esseri umani”. Solo così, le tanto sentite disparità di genere, potrebbero finalmente tramontare e la mimosa, scelta come simbolo per il suo essere economica e , quindi, acquistabile da chiunque in occasione della festa, avrebbe un significato ancora più profondo.


Martina Mafodda e Tommaso Viatore – Ufficio Stampa Liceo G.D.Cassini

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